Rivoluzione civile è portatrice di una cultura di pace fondata sulla giustizia e sui diritti umani. È questione di scelte: a partire dal taglio delle spese militari, compreso l’acquisto dei cacciabombardieri F35, per i quali l’Italia ha deciso di destinare 20 miliardi di euro. Il Parlamento che verrà fuori dalle elezioni del 24 e 25 febbraio potrà cambiare questa linea di investimenti, destinando tali risorse al lavoro, all’ambiente, alle politiche sociali e alla solidarietà internazionale.
In questi ultimi vent’anni si è parlato
tanto di guerra cercando sempre di edulcorarne il significato: guerra
giusta, guerra umanitaria, guerra preventiva, guerra al terrore, guerra
senza confini, guerra infinita. La guerra che da evento eccezionale
diventa fisiologica. La guerra, che vede sconfitti tutti, svuota la
politica, fa carta straccia della legalità internazionale e della
Costituzione italiana. Per la pace, va fatta una Rivoluzione civile. Non
va perso di vista il dettato della nostra Carta che nell’articolo 11 ha fissato come principio fondamentale il ripudio della guerra.
Dopo aver conosciuto l’orrore e le barbarie del secondo conflitto mondiale, l’Italia ha fatto una scelta politica netta a favore della pace.
È la stessa che fa Rivoluzione civile richiamandosi al dettato
costituzionale e chiedendo, nel rispetto di quello spirito, il ritiro
delle forze armate italiane impegnate nei teatri di guerra.
Va ribadita
inoltre la sovranità del Parlamento nelle scelte di politica
internazionale, a partire dall’intervento militare in Mali in cui il governo uscente, a camere sciolte, sta trascinando il nostro Paese.
“Invece di mettere l’elmetto – ha spiegato Flavio Lotti Coordinatore
nazionale del tavolo della pace e candidato alla Camera per Rivoluzione
Civile – l’Italia deve agire per la pace nell’interesse primario della
salvaguardia delle vite umane, nel solco della legalità e del diritto
internazionale dei diritti umani”.
Nel rispetto dell’articolo 11, va promossa la cooperazione fra gli Stati
che veda il nostro Paese protagonista di una politica di pace e
giustizia, in particolare all’interno della cornice dell’Unione europea.
Il dettato della Carta fondamentale è stato, infatti, il mezzo
attraverso il quale si sono realizzate l’integrazione europea e
l’adesione alle organizzazioni internazionali.
I conflitti in corso dimostrano tutta l’attualità delle scelte operate dai padri costituenti,
che indicarono il confronto come unico mezzo per promuovere la
risoluzione delle controversie internazionali. Ecco perché l’Italia deve
incoraggiare all’interno dell’Europa un’azione di pace e disarmo, che muova i primi passi dall’area del Mediterraneo.
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